Liberazione del 21/06/07

Rompere l'impunità e una Commissione sul G8 anche per la dignità della polizia
Ferrara, Roma, Genova… Verità e giustizia sono un diritto, non una concessione
Di Giuliano Giuliani

Spesso le cose brutte che accadono ti danno la sensazione di una democrazia sempre più grigia. Ogni tanto, però, si accende un lumino. Succede a Ferrara, dove i responsabili della morte non risarcibile di Federico Aldrovandi vengono rinviati a giudizio. Succede a Roma, dove la città e l'Anpi si costituiscono parte civile contro gli assassini di Renato Biagetti (il comune che ospitò il G8 del 2001 invece si costituì a suo tempo parte civile contro i manifestanti e solo un artifizio giuridico impedì lo scandalo). Succede anche a Genova, dove un funzionario di polizia trova finalmente il coraggio per parlare di quello che fu fatto alla Diaz, la "macelleria" appunto.
E a Bolzaneto, e prima per le strade, e prima ancora in piazza Alimonda? Per un vice questore che ammette ci sono decine di funzionari, ufficiali dei carabinieri, agenti, che tralasciano, non ricordano, giustificano, inventano, e la verità è calpestata, schiacciata sotto le ruote di un meccanismo autoritario e inaffidabile. E' il meccanismo che si autoriproduce e si estende sotto la copertura del male peggiore che avvelena lo svolgimento della vita civile: l'impunità. Nelle strutture organizzate lo chiamano spirito di corpo (lo ha richiamato lo stesso vice questore: non aveva parlato prima per questo malinteso senso di omertà). Ma è un male oscuro che non prevede in generale un'organizzazione, una cosca, una scelta. No, si autogenera e si allarga in itinere: io copro un vicino per il semplice fatto che domani sarà lui a coprirmi, e così la rete si estende.
C'è una prima considerazione da fare. Quelle tiepide luci si accendono ogni tanto qua e là solo per la tenacia con cui gruppi di cittadini rivendicano un po' di verità e, forse, un po' di giustizia. Non va bene. In un paese civile la verità e la giustizia dovrebbero essere un diritto, non una concessione.
C'è una seconda considerazione, che attiene a Genova ma non solo. Per i fatti del luglio 2001, anche alla luce di quanto emerso in tribunale e non solo nelle dichiarazioni di Michelangelo Fournier, è sempre più evidente la necessità di una struttura costituzionale che affronti la questione delle responsabilità: quelle politiche e quelle della catena di comando. L'Unione lo ha indicato nel suo programma, sarebbe persino indecoroso che non si provvedesse rapidamente alla creazione della commissione parlamentare d'inchiesta.
Il protagonismo repressivo dei reparti speciali dei carabinieri nella giornata di venerdì 20 luglio, che si conclude con l'assassinio di Carlo, esige un doveroso approfondimento, per capirne le ragioni, le implicite responsabilità politiche (ricordiamo sempre la presenza di autorità di governo, Fini, e i numerosi parlamentari della maggioranza di allora nelle sedi operative, con la debole giustificazione della solidarietà), le finalità e le scelte.
Così come lo esige il protagonismo repressivo di reparti mobili della PS e anche di qualche reparto di finanzieri nella giornata di sabato, che si conclude con la "macelleria", e che induce a pensare proprio a un cercato riequilibrio da parte del capo della polizia, del quale da più parti si chiede la rimozione senza incensamenti o indebite promozioni.
Non stupisce l'opposizione della destra alla commissione. E' invece francamente una sciocchezza quella che ripetono spesso, e cioè che sarebbe un processo alle forze dell'ordine. Niente affatto, proprio il contrario: un accertamento delle responsabilità per punire i colpevoli, ridare alla maggioranza delle forze dell'ordine dignità e onorabilità, ricostituire un clima di fiducia con la società.

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