Un processo difficile. Contributo del LOA ACROBAX PROJECT.

L’evento drammatico che ci ha strappato Renato, ha avuto l’ovvia conseguenza di far scattare prima un’indagine dei Carabinieri e poi, con l’arresto dei due assassini, un processo penale in cui noi tutt@, nostro malgrado, siamo coinvolti.

Le parole, tanto importanti quanto difficili da scegliere; le contraddizioni che, volenti o nolenti siamo costretti ad affrontare. Ma la realtà ci insegna che non possiamo e non dobbiamo avere paura di scegliere le parole e di affrontare, a volte consapevoli di non poterle risolvere, le contraddizioni.È difficile infatti per chi costruisce, anima, attraversa, partecipa, condivide, spazi di antagonismo, controcultura, conflitto sociale, dissenso e alternativa vivere un processo dal lato dell’accusa. È inutile nascondersi dietro un dito, più utile affrontare il problema con laicità e lucidità. Questo infatti è un processo politico ma non, come in troppi altri casi, perché noi o altri siamo accusati di varie illegalità di fronte alla legge. Non sono accuse di violenza, occupazione, devastazione, spaccio, nè un’accusa di sovversione o rapina da cui siamo costretti a difenderci.

 Il processo per la morte di Renato, ci pone quindi di fronte alle stesse contraddizioni dei processi di  Genova e Napoli contro le violenze della polizia sui manifestanti o quello, archiviato, contro chi ha ucciso Carlo, o ancora come nel caso di Federico Aldrovandi, ucciso dalla polizia una notte a Ferrara, come con Dax… Processi penali in cui i giudici cercano con più o meno accanimento solo il responsabile materiale del fatto, e mai il mandante, che sia lo stato, la realtà sociale, la repressione del dissenso… Precessi che noi in qualche modo rifiutiamo, eppure ai quali assistiamo e a volte contribuiamo. Processi  in cui si discute, per altri, l’ipotesi del carcere.

 Siamo contro il carcere e le istituzioni carcerarie, contro i cpt e i centri di recupero-lager per tossicodipendenti, contro le prigioni dei centri di igiene mentale, giorno dopo giorno e non solo a parole. La nostra lettura della società ci spinge ad affermare che il carcere e la logica della punizione e della reclusione non servono a risolvere problemi che sono quasi sempre di natura sociale e molto più profondi di come ce li raccontano.

In un contesto sociale, culturale e politico in cui all’esclusione sociale si uniscono la mancanza di possibilità di vivere in modo degno per troppe persone, e l’enorme divario tra classi sociali si allarga sempre di più, non si può pensare di affrontare con il carcere e la detenzione, quindi con l’esclusione materiale dalla società, il problema. 

 In più quando i modelli culturali della truffa e della tangente, della mafia, della corruzione e della camorra nella politica di stato sono evidenti, quando è lampante che la legge non è uguale per tutti e che viviamo in un paese in cui la giustizia è viziata, vendicativa e non garantista, quando nelle strade vige la legge del più forte e della competizione, dell’odio e dell’astio, complice la produzione culturale dei media di massa che omettono, e nei migliori dei casi appiattiscono il problema, …. Quando il fascismo e le sue parole d’ordine sono completamente sdoganati dalla politica, dalla cultura e da troppa parte di società, forse sì, anche gli assassini di Regnato sono in parte vittime di questo clima sociale.

 Ma forse non siamo cattolici e sicuramente non dobbiamo perdonare nessuno per salvarlo. La contraddizione è aperta. La rabbia è legittima.

 Seguiremo il processo per la morte di Renato, viziato in partenza da varie omissioni e collusioni, e racconteremo sul blog l’andamento delle udienze.

Ma la VERITA’ PER RENATO non la cercheremo mai nelle aule di un tribunale, i nostri sforzi, i nostri linguaggi e le nostre lotte vanno in un'altra direzione, non nell’accanimento di mandare qualcuno in carcere per essere ripagati dell’assenza di Renato.

Le nostre lotte e la nostra memoria guardano da un’altra parte. Alla società, ai territori, al conflitto sociale, alla ricerca continua di una cultura vitale da opporre quotidianamente alla cultura mortifera e fascistoide imposta dall’alto. Con Renato nel cuore continueremo a costruire dal basso i nostri percorsi di lotta, le occupazioni, le autoproduzioni, le iniziative politiche, culturali e sportive durante le quali così spesso ci capitava di incontrare e incrociare il sorriso di Renato.

 Con rabbia e con amore, un contributo ad un dibattito aperto.

 i/le compagn@ di Acrobax

 

 

 

This entry was posted in Processo. Bookmark the permalink.